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CLICKBAIT, FAKE NEWS E NATIVE ADVERTISING: LA CRISI DELL’EDITORIA DIGITALE

INDICE

  1. TRA PERSUASIONE E INGANNO
    1.1 POST ACCHIAPPA CLICK
    1.2 FAKE NEWS
    1.3 NATIVE ADVERTISING
  2. CRISI DELL'EDITORIA DIGITALE
    2.1 I COLOSSI GOOGLE E FACEBOOK
  3. CONCLUSIONE

1. TRA PERSUASIONE E INGANNO

Dal clickbait al fenomeno delle fake news, la crisi dell’editoria digitale è sempre più imminente.

1.1 POST ACCHIAPPA CLICK

Sul web capita sempre più spesso di imbattersi in contenuti con titoli sensazionalistici e immagini accattivanti, la cui principale funzione è incuriosire quanti più utenti possibili e spingerli a cliccare sui link. Si parla in questi casi di clickbait, letteralmente esca da click.

Questi post acchiappa click, a metà tra la persuasione e l’inganno, vengono spesso usati nel campo dell’editoria digitale per aumentare i proventi pubblicitari. Una volta aperto il link, però, la delusione è quasi sempre assicurata: si scopre infatti che il titolo non nasconde altro che contenuti di scarso valore, lasciando il lettore con l’amaro in bocca.

Clickbait

Ma quindi, perché il clickbaiting è così utilizzato? I motivi che spingono gli operatori nel settore dell’editoria digitale a fare uso di questa pratica sono vari.

In primis, la soglia d’attenzione di chi naviga online è sempre più bassa, e ciò fa sì che, quando leggiamo qualcosa sul web, lo facciamo solo in maniera estremamente superficiale. Il termine skimming (in italiano tradotto con lettura esplorativa) indica proprio questo: la pratica tipica del lettore digitale che si limita a una rapida panoramica della pagina per capire se il contenuto gli interessa o meno.

Per catturare la sua attenzione fin da subito, quindi, il mondo dell’editoria si avvale di elementi attrattivi che sfruttano immagini e titoli persuasivi.

Se da un lato vi sono content creators che, grazie a contenuti altamente coinvolgenti ed emozionanti, riescono a mantenere costanti l’attenzione e la fiducia dei lettori, dall’altro vi sono soggetti alla ricerca di condivisione e viralità che sfruttano strategie di scrittura non troppo etiche, nascondendo contenuti inconsistenti dietro a titoli mozzafiato.

1.2 FAKE NEWS

Strettamente connesse alla pratica del clickbaiting vi sono le fake news, pseudonotizie che contengono informazioni distorte o completamente false, pubblicate online con il deliberato intento di creare scandalo e diventare virali.

Questi tweet, post e articoli giornalistici vengono poi distribuiti e condivisi compulsivamente sui social media, che agiscono come veri e propri casse di risonanza, così che la vera informazione diventi sempre più difficile da individuare.

Fake News

1.3 NATIVE ADVERTISING

Parallelamente sta aumentando notevolmente l’uso del Native advertising (o pubblicità nativa). Questo termine indica una forma di contenuto promozionale a pagamento, la cui peculiarità è assumere la forma del contenuto che lo circonda, sia dal punto di vista grafico che contenutistico.

L’ibridazione di contenuti e annunci pubblicitari all’interno del contesto editoriale sul quale sono ospitati, consente di raggiungere più facilmente l’attenzione degli utenti, presentandosi come meno intrusivi e più in linea con gli interessi del lettore.

2. CRISI DELL’EDITORIA DIGITALE

Tutti questi fenomeni non sono altro che stratagemmi spesso usati nel settore dell’editoria, che cerca con affanno di rimanere a galla dopo la profonda crisi causata dall’avvento di internet e dai modelli di business delle principali web company.

Se da una parte l’avvento del digitale ha dato grande impulso alla crescita di numerosi settori, che proprio grazie all’utilizzo di internet hanno aumentato i tassi di crescita e conversione, dall’altra non si possono trascurare le conseguenze negative sull’economia tradizionale, tra cui proprio l’editoria.

2.1 I COLOSSI GOOGLE E FACEBOOK

Secondo eMarketer, i due colossi Facebook e Google raccolgono insieme più del 50% della pubblicità mondiale, mentre il quadro delle principali case editrici diventa sempre più desolante: Pearson – casa editrice multinazionale britannica – segna un crollo del 15% e un netto taglio degli impiegati, mentre Houghton Mifflin Harcourt annuncia un tasso di licenziamenti tra l’8% e il 10% nel 2017.

I due giganti della tecnologia hanno messo infatti a dura prova le testate giornalistiche di tutto il mondo; tracce di ciò sono visibili ogni giorno nelle nostre case, ad esempio quante volte ci è capitato di leggere le ultime notizie su Google News o direttamente dal feed di Facebook invece che prediligere altri fonti d’informazione?

Questa abitudine ormai diffusa capillarmente non fa che colpire l’editoria, causando il declino dei giornali, contrapposto ai miliardi di dollari che i colossi del web guadagnano attraverso la pubblicità digitale.

Ogni giorno prediligiamo determinate piattaforme tecnologiche per la loro comodità, o più semplicemente perché siamo abituati ad usarle, ma quali implicazioni comporta questa scelta?

News

3. CONCLUSIONE

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un’inversione di tendenza da parte delle principali case editrici.

Per far fronte alle minacce derivanti dai colossi quali Google e Facebook, i principali editori si stanno spostando verso nuovi modelli di business, in cui i ricavi non derivano più soltanto dalla vendita di spazi pubblicitari, ma comprendono anche fonti di revenue dirette.

Sono infatti sempre più numerose le testate che decidono di ridurre il numero di articoli disponibili gratuitamente ogni mese, offrendo invece abbonamenti all inclusive dai costi relativamente contenuti.

Subscription

Questa scelta ha già dato i suoi frutti: l’importante aumento dei clienti abbonati al modello digital only – che segna un +45% – ha portato una notevole crescita dei ricavi totali, così che i guadagni derivanti dalle iscrizioni abbiano compensato quelli della pubblicità.

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